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Il mare per l’uomo ha sempre rappresentato un sfida ma anche un elemento occulto, pericoloso, ignoto.
Il mare si deve temere quando è calmo, perché la bonaccia impedisce alla barche a vela di spostarsi, talvolta per diversi giorni; è altrettanto da temere quando è in tempesta perché solo le preghiere possono salvare l’equipaggio da morte certa.
Il mare è un luogo ambiguo, non addomesticabile, di cui diffidare. Così come gli uomini che lo abitano.
I marinai e i pescatori un tempo erano gente malvista, di cui non ci si doveva fidare; parlano una lingua diversa, hanno riti sconosciuti agli uomini ben radicati alla terra, che è sempre una certezza, come l’immobilità dei suoi abitanti. Non era raro che i pescatori vivessero in zone specifiche della città, separate e lontane dagli altri, come in un ghetto; non erano graditi nelle botteghe e nelle osterie, erano additati come sporchi e ladri.
E’ il dramma, ben noto della diversità.
Anche quando costruivano le barche, gli uomini di mare seguivano riti propiziatori antichi come il loro mare.
Il fasciame veniva steso partendo dal bordo superiore, accostando subito una tavola all’altra;  giunti al punto di maggiore rotondità dello scafo, si ricominciava con il fasciame, dalla chiglia verso l’alto, fino a quando le due fasi non si incontravano; a quel punto era necessario usare una tavola sagomata per chiudere lo spazio rimasto aperto. Prima della messa in posa, la tavola di chiusura del fasciame veniva benedetta, a suggellare la protezione che i marinai chiedevano di ottenere.
Nella prua dei trabaccoli, delle lance e delle paranze, venivano scolpiti (in seguito solo dipinti) due grandi occhi: servivano a dare coraggio alla barca perché avesse sempre la forza di guardare il mare e per difenderla dagli spiriti avversi. La barca diventava, quindi, organismo vivente che convive, talvolta combatte, contro le forze occulte che abitano il mare: i marinai si affidavano ad essa, caricandola di simboli e talismani per garantirsi una lunga vita.

Foto: Museo della Marineria, Cesenatico, Archivio Agt Romagna



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