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Dmenga d’Pascva:
un cvêrt d’pulastra,
un cvêrt d’agnilet,
un öv banadet
Domenica
di Pasqua:
un
quarto di pollastra,
un
quarto di agnelletto,
un uovo
benedetto
Come
tutti sanno, la tradizione impone come piatto pasquale l’agnello, insieme alle
uova sode e benedette, le minestre (ovvero i primi piatti, sia che si tratti di
minestre vere e proprie, in brodo, che di paste fresche all’uovo fatte in casa);
infine, le carni del bue grasso che un tempo, dopo avere sfilato per le vie del
paese, veniva macellato.
La
macellazione del bue e dell’agnello ha origini molto antiche, si trattava di
antichi riti propiziatori e di espiazione.
Se il
significato dell’agnello e del suo sacrificio ci appare piuttosto chiaro,
attraverso la simbologia del Cristo, “agnus dèi” che si sacrifica sulla croce
per l’umanità, e che “toglie i peccati del mondo”, allo stesso modo, la sfilata
per le vie del paese del bue grasso, implica l’idea di “raccogliere” i peccati
di tutti affinché venissero espiati attraverso il suo sacrificio.
L’uovo
è l’altro simbolo pasquale per antonomasia. L’uovo è simbolo di vita, quindi
principio di nascita ma anche di rinascita. Prima che le uova di cioccolata diventassero
un prodotto appannaggio della grande distribuzione, per la gioia dei bambini,
esistevano solo le uova di gallina per la Pasqua; fresche, benedette dal prete,
venivano colorate e consumate la mattina di Pasqua, a colazione, spesso
accompagnate da salame, e dalla tradizionale Albana di Romagna; nella Valsavio,
a Sarsina, nella fattispecie, con la tradizionale pagnotta di Pasqua…
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